hellerLA TERRA DEL LATTE E DEL MIELE

di Agnes Heller (traduzione dall’inglese di Francesca Celotto)

La politica sta alzando muri contro i migranti e sta fomentando l’odio nei loro confronti. Non tutti in Ungheria agiscono così e ci sono anche manifestazioni di solidarietà da parte di singoli cittadini, dei quali non viene dato conto. Ma è tutta l’Europa, con i suoi singoli Stati e non come organismo unitario, ad agire in maniera ambigua, non dimostrando capacità di vera integrazione e assumendo, d’altronde, un atteggiamento di sottomissione nei confronti dell’islamismo totalitario. E dai fantasmi del totalitarismo l’Europa va difesa, ribadendo la condanna dell’odio e la scelta della salvaguardia dei diritti dell’uomo.

 

La Bibbia e lo straniero

Il pericolo più grave sollevato dai fatti di questo settembre 2015 con la situazione dei rifugiati sta nel non riuscire a distinguere diverse questioni. Il rischio è che venga dato più peso alla condanna della propaganda governativa, sminuendo il problema dei rifugiati. Allo stesso modo l’incapacità europea di rispondere alla crisi non deve essere accompagnata dalla falsa illusione della nostra abilità a prevenire l’ondata migratoria.

Senza dubbio, la politica ungherese sta commettendo un crimine. La Bibbia dice che uno straniero non deve essere perseguitato, che parte del nostro raccolto debba servire per nutrire le genti. La Bibbia ci invita alla solidarietà e all’assistenza, anche a costo del nostro stesso sacrificio. Questo è lo spirito invocato da papa Francesco. Ma il Governo ungherese non sta agendo in questo modo, nonostante si dichiari apertamente cristiano. Farà forse sorridere il gesto teatrale di Ferenc Gyurcsany, ex primo ministro e leader dell’opposizione, di accogliere alcune famiglie di rifugiati a casa sua; in realtà tale gesto plateale rappresenta la via giusta da seguire.

Ah, se solo molti altri lo imitassero! Nessun Paese ama gli stranieri; le nazioni si pongono l’un l’altra con sospetto e spesso con ostilità. Ma un governo giusto, che agisce in modo responsabile, proverebbe a rafforzare l’inclinazione umana a far del bene, piuttosto che alimentare risentimento e odio. Il Governo ungherese non agisce in modo giusto: ha scatenato una campagna xenofoba contro i rifugiati, definendoli una minaccia per le nostre ricchezze, per il nostro lavoro, addirittura per la nostra salute; li ha accusati di essere dei potenziali terroristi e una massa di sovversivi; li ha presentati come opportunisti e sfruttatori. Il Governo non ha fatto altro che costruire una propaganda basata sui peggiori istinti della nazione – invidia, odio e aggressività – un gioco pericoloso questo, che può sfociare nel far marcire lo spirito della nazione.

Il Governo ungherese ha commesso un crimine. Sebbene non si tratti propriamente di un crimine contro i rifugiati, poiché da qui a poco costoro dovranno andare avanti e andranno avanti, e presto si dimenticheranno, o meglio non si cureranno troppo, di riflettere sulle notti passate sul terreno, al freddo, sulle umiliazioni sofferte, sulla separazione forzata, sull’essere stati nutriti da cibo lanciatogli, come di solito si fa con gli asini e gli orsi allo zoo. Ma la Nazione ungherese resterà, e con essa il suo spirito avvelenato.

E che nulla di buono verrà da tutto questo è qualcosa che noi popoli del XXI secolo sappiamo troppo bene.

Ovviamente, quando si tratta di crimine, tutto quel che si dice conta, e la stampa non ha risparmiato i particolari. In aggiunta alla relativamente scarsa attenzione prestata nei confronti del grande sforzo di coraggio civico e aiuto da parte di cittadini ungheresi comuni, la stampa estera ha voluto forzatamente individuare dei parallelismi tra la recente crisi dei rifugiati e l’Olocausto. Un’analogia falsa ed offensiva, sia per coloro che hanno sofferto delle perdite durante l’Olocausto, sia persino per il Governo ungherese: non tutti i crimini sono uguali.

Ma il trattamento dei rifugiati non deve essere confuso con la questione di sicurezza delle frontiere. Il Governo ungherese, regolato anche da leggi internazionali, ha di fatto ragione ad insistere sulla registrazione come un requisito legale. In effetti, è diritto e dovere il non ammettere nell’Unione Europea coloro la cui ragione di richiesta d’asilo non sia stata controllata. Rilevare le impronte digitali è fondamentale, soprattutto considerando che i passaporti falsi siriani sono piuttosto comuni. Sebbene sia ridicolo asserire che tra di loro si nascondano grandi masse di terroristi (che comunque in passato hanno fatto il loro ingresso in Europa indisturbati, sia con passaporti veri che falsi), tuttavia è una probabilità che non va esclusa, e bisogna prendere le giuste misure di sicurezza.

 

Un’onda inarrestabile

Ma cosa rappresentano in realtà gli stessi rifugiati? L’Europa ha bisogno di forza lavoro qualificata, e noi in Ungheria necessitiamo di molte professioni, come manager informatici, ingegneri, dottori, infermieri, cuochi ed elettricisti, che di fatto non sono altro che nuovi contribuenti, e soprattutto sono i contribuenti del futuro, visto che tra loro ci sono molti bambini. Ma la verità è che l’Europa non si trova nella posizione di stabilire quante e quali professioni debbano giungere. L’onda migratoria è inarrestabile. In diverse parti dell’Asia e dell’Africa ci sono guerre civili e religiose. La Primavera araba è stata essa stessa un fiasco. Vi sono, probabilmente, milioni di giovani rifugiati istruiti, ospitati in campi temporanei nelle regioni che circondano l’Europa, giovani che anelano ad una vita migliore e al tentare la fortuna. L’accesso a Internet e ai media permette loro di capire quali siano le prospettive e di come sia la vita, il lavoro e l’educazione in Europa. L’Europa, come mi disse un giovane afgano un paio di anni fa, è la terra del latte e del miele. Qualsiasi cosa facciano l’Europa o l’Ungheria, loro continueranno a venire, e solo con lo spargimento di sangue si fermerebbero. Dicono che metter fine al traffico dei rifugiati potrebbe essere una soluzione. Ma dovremmo pensare a quanto tempo è passato da quando tanti governi del mondo hanno dichiarato guerra al mercato della droga e quali effetti reali abbia avuto. Fin quando non viene a mancarne la richiesta, le imprese criminali non possono essere sconfitte. E la richiesta di traffico dei rifugiati non finirà, così come non è finito il mercato della droga. Per altri la soluzione sarebbe dichiarare guerra all’ISIS, portare pace ed ordine in patria, e allora i rifugiati vi faranno ritorno. Ma bisogna pensare che in quelle terre, una volta finita una dittatura, se ne insedierà un’altra, e se non dovesse accadere, allora regnerebbero caos e disordine. Difatti, l’Europa (come l’America) non solo non è capace di dichiarare guerra all’ISIS, ma non ne ha neanche voglia, comportandosi in modo fondamentalmente ipocrita a questo riguardo. L’Europa e gli Stati Uniti, al momento, sono impegnati nell’acquietamento del solo potere totalitario in Medio Oriente, basato sul fondamentalismo islamico, che dichiara apertamente la distruzione delle nazioni (vedi Israele), abbraccia il supporto del terrorismo globale, e minaccia guerra alle regioni che sono ostili ai suoi valori. L’acquietamento di oggi è emulazione inquietante di quel che accadde a Monaco nel 1938, quando la pace del mondo dipendeva dai leader europei sottomessi a Hitler. Bisogna dirlo: nessuno dovrebbe aver paura dell’islam, che non è altro che una delle maggiori religioni monoteiste del mondo. Ma l’islamismo è pericoloso, è un’ideologia totalitaria, come lo erano il nazismo e il bolscevismo. Non dovrebbe essere acquietata!

L’alternativa: sottomissione o integrazione

E per quanto riguarda i rifugiati? Di sicuro continueranno ad arrivare, e allora l’Europa deve porre loro una domanda: che intenzioni hanno? L’Europa potrebbe certamente decidere di mantenere dei campi a medio o lungo termine, distinguendo coloro che potrebbero avere la residenza, e magari la cittadinanza. E dopo cosa succede? Cerchiamo di essere chiari: l’Europa è un’unione di Stati-nazione, non una nazione. Ma gli Stati-nazione non sono in grado di integrare coloro che appartengono ad altre culture. L’integrazione è molto più semplice per quei paesi come gli Stati Uniti, che non sono uno Stato-nazione. In sostanza, gli Stati Uniti agli immigrati dicono: «Vivi come ti pare, senza ledere la libertà altrui, inclusa quella dei membri della tua famiglia. Obbedisci alle nostre leggi, rispetta la Costituzione. Il resto dipende da te!». Mentre per lo Stato-nazione europeo non è mai abbastanza. Da noi, tu devi essere assimilato. E se non vieni assimilato, sarai marginalizzato, escluso, bandito. E questo potrebbe portare i tuoi figli a diventare nemici del Paese che ti ha marginalizzato.

Proviamo a fare un paragone tra Stati Uniti e Francia. Nel passato, negli Stati Uniti, come risultato di un’amnistia, circa tre milioni di clandestini hanno ottenuto lo stato legale. Quando venne annunciata l’amnistia, le masse sventolarono la bandiera americana. È giusto pensare che questi nuovi legalizzati saranno i più ferventi patrioti americani. Paragoniamo questo alla Francia, dove i figli marginalizzati e privi dei diritti civili degli immigrati musulmani disprezzano il loro stato di cittadinanza. Ma essendo cittadini con diritto al voto, la Francia sta dando loro sempre più concessioni. Questo è un atto di sottomissione. Questa è dunque l’alternativa: sottomissione o integrazione. Non dimentichiamoci che entrambe sono parte e parcella della tradizione europea. Una è creazione e contributo dell’illuminismo europeo, il quale dichiara che tutti gli esseri umani sono nati liberi e uguali, dotati di ragione e coscienza, hanno uguale diritto alla vita, alla libertà e alla dignità, e il diritto alla ricerca dell’appagamento nel miglior modo che desiderano. L’altra scelta, la sottomissione, è il lascito della negazione di tale illuminismo, che porta al totalitarismo. Quindi, il lascito europeo di fascismo, nazismo e bolscevismo non è altro che un’invenzione tutta europea. Solo l’islamismo è nato fuori dall’Europa. Quindi bisogna difendere l’Europa dall’islamismo, ma non riportando in vita queste tre mostruosità Europee. Io di certo non sono un profeta. Lo spirito della storia ha delle conseguenze involontarie. Forse dovremmo confidare in quello e sperare per il meglio. Ancora, dovremmo forse esaminare quali scelte future saremo chiamati a fare. Non inseguiamo miraggi, non cerchiamo conforto nel rincorrere grandiosi cliché. Ma, soprattutto, non odiamo. Perché l’odio non affligge solo l’animo, ma distrugge anche la nostra capacità di ragionare con lucidità. Apriamoci ad un discorso serio ed onesto circa le reali future opportunità che si profilano per l’Europa e l’Ungheria. E soprattutto facciamolo senza rabbia, senza pregiudizio.