Immigrati, nostra speranza?
di Maurizio Bassetti

Sommarietto: Il tema dell’immigrazione viene affrontato da Balducci all’interno della sua riflessione sulla scoperta dell’Altro e sulla creazione di un umanesimo planetario: lo straniero va accolto nella prospettiva della diversità nell’uguaglianza, nella consapevolezza della ricchezza che ci porta, nella dimensione della formazione di un’unica umanità rinnovata nelle diversità

Una conseguenza diretta della riflessione balducciana dell’incontro con l’Altro è stata sicuramente il suo atteggiamento nei confronti del fenomeno dell’immigrazione.

Proprio negli ultimi anni della sua vita, quando elaborava La terra del tramonto (Edizioni Cultura della Pace 1992), anche in Italia il dibattito sull’immigrazione e il razzismo si era fatto incandescente: l’Italia che fino agli anni 70 era stata terra di emigrazione, lentamente negli anni 80 aveva visto crescere la presenza di stranieri (dal 1982 stabilmente il saldo migratorio divenne positivo vedi Eurostat, Statistiche demografiche) e nel 1986 fu attuato il primo provvedimento legislativo (legge 943, 30/12/86) in cui si indicavano le procedure d’ingresso e si regolarizzava le situazioni pregresse (la prima “sanatoria” di una lunga serie).

Ma l’interesse per il nuovo fenomeno migratorio si fece forte solo alla fine degli anni 80, di fronte ai primi atti di razzismo e alla vertiginosa crescita delle presenze straniere, il più delle volte in posizione irregolare, dati i limiti legislativi (solo i permessi di soggiorno rilasciati regolarmente passarono da 200.000 dei primi anni 80 ai 600.000 dell’89).

Si aprì un ampio dibattito che portò al decreto legge 416/1989, convertito in legge 39 del 28/2/1990 (passata col nome di legge-Martelli) con la quale si dava una prima sistemazione allo status di immigrato, riconoscendo alcuni diritti e disciplinando gli ingressi.

La legge era molto limitata e inadeguata rapportandola anche al dibattito e all’attenzione che l’opinione pubblica dette al problema: in quei giorni nacque la Convenzione antirazzista (riunitasi la prima volta il 7-9 dicembre ’89 a Firenze) e uscirono molti saggi dei più noti giornalisti e studiosi, come Gli italiani sono razzisti? Di Giorgio Bocca (Garzanti 1988), All’erta siam razzisti di Rosellina Balbi (A. Mondadori 1988), Oltre il razzismo di Franco Ferrarotti (Armando 1988), Stranieri nostri fratelli della Comunità di Sant’Egidio (Morcelliana 1989), I razzismi possibili di Laura Balbo e Luigi Manconi (Feltrinelli 1990).

Anche “Testimonianze”, come altre riviste (ad esempio il numero 6/89 di “democrazia e diritto” affrontava il tema Razzismo e antirazzismo tra presente e tradizione e l’Iceberg di “MicroMega, 3/90 era dedicato a il Terzo mondo in Italia), preparò con la benevole attenzione di Balducci un numero monografico su Immigrazione e razzismo in Italia (323-324/1990).

 

La ricchezza che viene da lontano

In quella occasione fu pubblicata la terza lezione di Balducci del ciclo “Immagini del futuro” dal titolo profetico I barbari nostra speranza, nel quale si rovesciava l’atteggiamento di preoccupazione e ostilità nei confronti degli immigrati e si indicava nello “straniero” una speranza di arricchimento e una possibilità in più nella scoperta dell’uomo del futuro e dell’umanesimo nuovo che ferve in noi:

“Attraverso il dialogo attento con le altre culture, messe su un piede di parità , considerate del tutto come la nostra , senza fare gerarchie prive di senso, possiamo riscoprire gli archetipi comuni, ritrovare il limite del nostro modello che presumeva di esaurire tutte le possibili forme umane e invece non è che una forma della inesauribile ricchezza con cui l’umanità può creare il proprio futuro come ha creato il proprio passato. (…) Questo apprendimento dell’uomo del futuro noi lo possiamo fare oggi più che ieri perché i rappresentanti di queste culture ‘altre’ girano attorno a noi, sono con noi” (p. 63).

L’immigrazione, sia nel volume di “Testimonianze” sia nella riflessione del suo fondatore, da una parte veniva collegata al più ampio problema dei rapporti tra Nord e Sud, dell’interdipendenza planetaria, di quella che ancora non si appellava come “globalizzazione”, da un’altra si inquadrava nella dimensione della scoperta dell’Altro, nell’epifania dell’altro, in quella ricerca, come si diceva, dell’uomo del futuro, un uomo integrale senza altri appellativi, quale era già stato delineato nel L’uomo planetario nel 1985.”

“Se noi lasciamo che il futuro venga da sé, come sempre è venuto, e non ci riconosciamo altri doveri che quelli che avevano i nostri padri, nessun futuro ci sarà concesso. (…) Se invece noi decidiamo, spogliandoci di ogni costume di violenza, anche di quello divenuto struttura della mente, di morire al nostro passato e di andarci incontro l’un l’altro con le mani colme delle diverse eredità, per stringere tra noi un patto che bandisca ogni arma e stabilisca i modi della comunicazione creaturale, allora capiremo il senso del frammento che ora ci chiude nei suoi confini.” (L’uomo planetario, Camunia 1985, p.202).

Nell’analisi balducciana dell’incontro con il diverso si presentava in modo lucido quelli che sono gli atteggiamenti tipici verso gli immigrati: il primo modo è quello della ricerca dell’assimilazione, “noi ti riconosciamo uomo come noi e perciò non ti resta che diventare come noi siamo.” (I Barbari nostra speranza, cit. p. 57). E’ la posizione tipica di chi non comprende le differenze, di chi è disposto ad accettare gli immigrati solo se si comportano come noi, se si camuffano, se non pretendono di avere costumi “strani”, si pensi alla polemica sul velo che di recente è tornata all’attenzione del razzismo nostrano (dopo le note vicende francesi) in occasione dello “scandalo” delle foto per le carte d’identità (con o senza velo?).

Il secondo modo è quello dell’inferiorità, “riconoscere che il diverso ha anche lui dignità umana, ma a condizione che si mantenga nella sua inferiorità” (I Barbari cit. p. 58). E’ un atteggiamento assai diffuso che nega agli immigrati diritti e uguaglianza, che in genere accetta la loro presenza in quanto lavoratori utili (e da sfruttare) ma non come cittadini o persone soggette di diritti. Le recenti discussioni all’interno dell’attuale maggioranza sembrano girare attorno a questa interpretazione: da una parte la Lega si oppone a riconoscimenti di qualunque genere, da un’altra gli industriali del nord protestano per avere la mano d’opera a loro necessaria.

Infine Balducci indicava la strada da percorrere, quella della diversità nell’uguaglianza, “la vera chance storica che si apre a noi è quella di riconoscere la diversità nell’uguaglianza” (I Barbari cit. p. 58). Di fronte alle politiche di rifiuto e chiusura, di assimilazione o inclusione subordinata, esiste la scelta dell’accoglienza organizzata (si veda a questo proposito il mio Interpretazioni e prospettive dell’immigrazione in Italia in “Testimonianze” 333/91), ma ciò è possibile solo attraverso un atteggiamento culturale nuovo che sappia comprendere e tutelare le differenze in un delicato gioco di armonizzazione e di rispetto reciproco, tenendo presente che la differenza può diventare “ricchezza” (interessanti anche le osservazioni di Vittorio Cotesta in La cittadella assediata, Editori Riuniti 1992).

 

Questioni aperte

Certo, in questi ultimi dieci anni, il problema si è allargato, con un aumento delle presenze straniere a oltre un milione, ed è stato ulteriormente affrontato da nuovi interventi legislativi che hanno dato un inquadramento più ampio (soprattutto con la legge, voluta dal centro-sinistra, n.286 del 25/7/1998 Testo unico sull’immigrazione). Già quella legislazione lasciava molti problemi aperti, e cercava un compromesso tra l’esigenza di regolarizzare gli immigrati e volontà di garantire sicurezza e frenare i flussi migratori, ma oggi si assiste a un’inversione di tendenza che spinge verso una chiusura mascherata che riprodurrà vecchie politiche tese a togliere ogni diritto agli stranieri extracomunitari e a sfruttarne il lavoro.

Si sta ritornando in modo preoccupante ad abbinare immigrazione e delinquenza, riducendo il problema a operazione di polizia, se non perfino di pertinenza militare (si pensi all’uso della marina militare per compiti di sorveglianza anti-immigrazione), oppure si conducono campagne discriminatorie nei confronti di gruppi particolari come i migranti di religione islamica, che da una parte non si vuole che siano visibili e si ostacolano costruzioni di moschee o comportamenti non condivisi, da un’altra si vorrebbe non venissero in Italia in quanto non cattolici (incredibile posizione, contraria ad ogni apertura evangelica, anche di un vescovo della Chiesa, il cardinal Biffi, simbolo di un cattolicesimo di destra che riprende vigore).

Al di là di queste nuove tendenze, la questione immigrazione porta comunque con sé seri nodi da sciogliere, per una integrazione dei nuovi arrivati e una pacifica convivenza, che vanno affrontati con quello spirito di accoglienza e quell’ottimismo che Balducci ci ha insegnati. Ne cito solo alcuni ad esempio: la concessione di cittadinanza, con annessi tutti i diritti collegati, premessa per una vera integrazione, che in Italia fatica ad essere presa in considerazione, ancorati come siamo al diritto dello ius sanguinis (per cui abbiamo pensato di far diventare cittadini italiani i figli di italiani non residenti in Italia – con legge 91/1992 – ma non diamo la cittadinanza agli stranieri che vivono e lavorano da anni nel nostro paese); il diritto di voto anch’esso collegato alla cittadinanza e non alla residenza (anche qui si fa votare gli “italiani” all’estero e non i lavoratori stranieri extracomunitari); infine il rispetto di usi e comportamenti culturali diversi, come l’uso del velo o la pratica del digiuno durante il ramadan per i musulmani, da armonizzare con la condivisione da parte degli immigrati delle regole democratiche e dei diritti umani e civili.

 

La creazione di un’umanità unita

Ma il problema dell’immigrazione va iscritto anche nell’ambito più ampio dei grandi mutamenti epocali, è un’onda di ritorno dei popoli oppressi prima dal colonialismo del passato e ora dagli squilibri e dalle ingiustizie del mondo globalizzato (Il ritorno dell’islam era intitolato un testo di Stefano Allievi e Felice Dassetto (Iscos 1993) sull’immigrazione musulmana in Italia).

Nell’ultimo libro Balducci aveva indicato questa nuova prospettiva: Montezuma scopre l’Europa (Edizione cultura della Pace 1992), è l’indios, il povero del Sud che oggi viene da noi a chiederci una porzione della ricchezza del mondo che nel Nord si consuma da soli; ma ci mostrava anche l’aspetto positivo di questo ritorno, per la creazione di un’umanità unita e solidale. “Quelle tribù vengono verso di noi con le mani colme di doni.” (Montezuma cit. p. 73).

 

Il dono dei barbari è lo stesso titoletto sia del paragrafo in Montezuma scopre l’Europa sia di un paragrafo de La terra del tramonto in cui si racchiude tutta la riflessione dell’ultimo Balducci. Il problema degli immigrati, dei “barbari” che arrivano nel Vecchio Mondo e ci interrogano, è ripreso di nuovo in tutta la sua valenza positiva: “i barbari vengono verso di noi con un dono di cui abbiamo necessità. Essi ci offrono l’occasione per la scoperta della nostra umanità più profonda, dei rizoma da cui le culture provengono come efflorescenze. La cultura che rifiuta la reciprocità si condanna all’isterilimento.” (La terra cit. p. 78).

E’ necessario dunque assumere una mentalità nuova quella che supera l’ottica locale, nazionale e eurocentrica a cui ancora siamo ancorati e che viene riproposta continuamente, e comprendere la nostra esistenza su un piano di interdipendenza mondiale. Non è più possibile esaminare alcun fenomeno senza tener conto di una dimensione planetaria e, a maggior ragione, quando si parla di migrazioni che da sempre coinvolgono continenti e terre lontane, mescolando l’umanità. Le migrazioni attuali poi sono frutto proprio degli squilibri internazionali, provengono da fattori concomitanti di espulsione da una parte e di attrazione dall’altra. Nel Sud del mondo c’è sovrappopolazione e nel Nord calo demografico, nel Sud c’è carenza alimentare, morte per fame, bassi salari e nel Nord c’è abbondanza e consumismo, nel Sud c’è una disoccupazione dilagante e nel Nord ci sono molti settori senza lavoratori, nel Sud ci sono guerre e dittature e nel Nord pace e democrazia. Solo riacquistando una dimensione globale dei problemi potremo trovare soluzioni e solo pensando di costituire una sola umanità potremo salvarci dai disastri che incombono (guerre, inquinamento, fine delle risorse ecc.).

Balducci ci ricordava: “Il senso del nuovo tempo è che l’Occidente si disponga a ricevere i doni che gli vengono da lontano e cioè le forme di umanità che traducono l’inesauribile fecondità della specie e distendono dinanzi al futuro un repertorio di risposte infinitamente più ricco di quello in possesso della civiltà faustiana. (…) L’ipotesi da assumere come principio di discernimento nei rapporti tra le culture è quella di un umanesimo planetario in cui una medesima civiltà si integri in culture diverse.” (La terra cit. p.79).

Questa speranza di un’umanità rinnovata, unica nelle diversità, è uno dei più toccanti messaggi che Balducci ci ha lasciato e a cui siamo chiamati a dare realtà