Il disco del mondo Walter Veltroni
L’arte e in particolare la musica come strumenti per allargare il proprio orizzonte interiore. Il rapporto di empatia con l’artista come scoperta di valori universali e umanamente condivisi.
Un’attenzione per l’arte
Ho sempre ritenuto che la curiosità per il sapere, l’attenzione per l’arte, per le belle lettere, l’amore per la cultura, l’universalità del linguaggio musicale siano qualità che ogni persona dovrebbe riuscire a coltivare perché contribuiscono, tutte, a creare un’apertura verso il nostro mondo interiore, e allo stesso tempo ci forniscono strumenti eccezionali per rapportarci con la realtà. È qualcosa che ci rende migliori e dunque, affinandoci, ci aiuta nelle relazioni, spesso problematiche, con gli altri.
Inoltre, credo che tutto ciò possa offrirci valide alternative all’impero della volgarità televisiva, di un modo di vivere affrettato e superficiale che troppo poco spazio lascia alla conoscenza e al gusto di inoltrarsi nella profondità delle cose.
Proprio per questo, pur nella ristrettezza dei tempi che mi ha lasciato la mia vita politica e, oggi, l’essere sindaco di Roma, ho sempre cercato di ritagliare uno spazio mio, nel quale poter coltivare la letteratura, il cinema e la musica.
Il mio rapporto con quest’ultima, in particolare, è fortemente emozionale, proprio perché sento nel linguaggio musicale un’immediatezza e una profondità che, sempre, mi hanno “invitato” ad allargare il mio orizzonte interiore, mi hanno obbligato a domande, hanno toccato e messo in movimento le parti più profonde del mio sentire.
How far can you fly?
Per esempio, da quando ascoltai per la prima volta How far can you fly? di Luca Flores non ho mai cessato di interessarmi a lui, raccogliere materiale, aneddoti, racconti di conoscenti e amici, fino a decidere di raccogliere questa ricerca nel libro Il disco del mondo.
L’ascolto della sua musica mi ha trasmesso immediatamente la sensazione di una persona che, con la sua arte, cercava di esprimere il proprio modo di essere, di soffrire e di vivere. È quello che, ascoltando quel brano, mi ha fatto provare un “movimento” che, subito, mi ha messo in contatto con l’uomo “Flores”, e nel tempo, mi ha spinto a cercarlo, a toccare la sua vita, a condividere il suo dolore. Nelle note di Luca ho trovato allo stesso tempo una bellezza struggente e una disperazione senza fine, e il desiderio di scavarvi attorno mi ha condotto sulle tracce della sua vita e, dunque, alla scrittura. Così, proprio grazie a questo percorso ho avuto conferma e rafforzato la mia convinzione del valore “universale” della storia di Luca, una storia che ho percorso forse senza neanche aver chiaro cosa cercare, spinto dalla forza disperata e dolce di quel primo suo brano che ho ascoltato.
Ma nonostante questa convinzione, sono stupito dell’interesse profondo, vero, che essa ha suscitato, un interesse che ha convinto decine di persone a contattarmi direttamente, a telefonarmi o scrivermi portandomi altre testimonianze dirette della vita di Luca e, in questo modo, facendolo vivere ancora.
C’è una forza particolare nella musica e, in particolare, nel jazz, nel quale ho sempre sentito il respiro della libertà. Ed è una forza nella quale risiedono le emozioni, le passioni, l’amore per la bellezza senza il quale ogni cosa perde di significato. Dalla vicenda di Luca Flores, dalla sua arte, ho appreso che la sua vita, come la musica, è attraversata da valori universali in cui molti si identificano o si appassionano perché è vicina a quello di cui noi esseri umani siamo fatti: il cuore, l’intelligenza, il dolore, la gioia, la paura, il sogno.
L’importanza, forse, è non scordarsene, e coltivare tutto ciò che ce lo ricorda, come l’arte, la letteratura e, appunto, la musica.