QUEL CHE È SUCCESSO NELLE TERRE UMIDE DEL PALÙ
di Nadia Breda

Terra e acque sono sottoposte a uno sfruttamento sempre maggiore, che ne ridefinisce anche la valenza e la visione da parte dell’uomo, nel momento in cui questi opera una «sostituzione» del loro valore d’uso, come nell’esempio della costruzione dell’A28 sulle terre umide del palù, in Veneto. Qui l’uomo si trasforma da contadino a imprenditore agricolo di una terra non più da amare ma da sfruttare, vittima e artefice della ridefinizione del territorio, secondo complesse e fuorvianti retoriche del nuovo e del moderno. Un meccanismo perverso che il lavoro dell’antropologia è chiamato a smascherare.

Conflitti per terre e acque

Viviamo tempi in cui terra e acqua vengono sottoposte a sfruttamento sempre più intensivo, tanto da far intravvedere un’epoca di fine delle risorse, con l’uomo diventato forza geologica come sotteso dalla definizione di Antropocene 1, la natura senza più confini propri e svaporata nel multinaturalismo 2, i conflitti per le terre sempre più accesi, nel mondo tanto quanto in Italia 3.
In questo testo esplorerò in particolare il rapporto tra terra, acqua e soggetti uma
ni 4, in un caso di conflitto che ha visto l’assoggettamento di una terra umida vitale e semiselvatica (denominata «palù» nel Nordest italiano 5,) agli imperativi dello sviluppo economico neoliberale del Nord Italia. Descriverò i meccanismi di «governamentalità» 6 imposti a un territorio e incorporati da una popolazione, sperimentati ai fini dell’assoggettamento di terre e acque particolari. Per poter compiere un’ operazione materiale e simbolica di «sostituzione» di un importante sistema umido come quello dei palù con un’autostrada, è stato necessario attivare complesse retoriche ed esemplari «tecnologie del sé» e del territorio 7 di cui cercherò di delineare in questo scritto alcuni aspetti.
Foucault utilizza come strumento «(…) l’analisi storica dei rapporti tra pensiero e pratiche nella società occidentale» 8 per rispondere alla domanda «cosa siamo noi oggi», ossia «cosa siamo noi nella nostra realtà» 9. Egli mostra come «(…) la nostra identità si sia costituita, in modo indiretto, attraverso l’esclusione degli altri» 10. In questo testo amplifico questa metodologia estendendola al governo della natura, mostrando come quello che siamo oggi è anche il frutto dell’esclusione di altro: della natura vitale, di terre e acque, sottomesse a disciplinamento e poste a profitto. Terra e acque sono state gli elementi non tanto
«sacrificali» quanto piuttosto «massacrati» 11 per far posto a un’autostrada, l’A28
Conegliano-Pordenone 12. Mentre si perdeva un territorio umido che avrebbe  potuto  avere  un ruolo  fondamentale nella prevenzione dell’inaridimento dei suoli e nel mitigamento dei cambiamenti climatici, si sperimentavano complesse strategie retoriche e metaforiche con le quali si consolidava l’assoggettamento del territorio e delle sue voci, si costruiva la conformazione  sociale a qualsiasi proposta edificatoria e si consolidava l’acquiescenza alle politiche di abuso del territorio. «Come» sia avvenuto tutto questo «disciplinamento della natuta» che si impone come correlato indispensabile del laissez-faire  liberista, è motivo di indagine antropologica. Scrive ancora Foucault: «(…) “governare” non è lo stesso che “regnare”, e non equivale neppure a “comandare” o a “dettare legge”; in altri termini, governare non significa essere sovrano, feudatario, signore, giudice, generale, proprietario, maestro o professore. Nel “governare” si designa qualcosa di specifico, si tratta di capire quale genere
 di potere corrisponda a questa nozione. Quali relazioni di potere vengono riconosciute e promosse» 13.

Sul corpo del territorio

Il discorso dominante favorevole all’autostrada 14  ha abbondantemente  utilizzato lo schema corporeo, proprio mentre modellava il corpo umido del territorio. Si sa che ogni disciplina viene esercitata sui corpi, su precisi, concreti corpi, come insegna Foucault.
Le tecnologie di dominio si allenavano a spingersi ben oltre i corpi umani, per riversarsi sul corpo della terra. Dalla fine degli anni 60, infatti, «(…) l’esercizio del biopotere tende infatti a estendersi all’intero ecosistema e alla globalità del vivente» 15. La terra stessa deve essere disciplinata come un corpo, e ovviamente sfruttata. L’autostrada fu definita la «spina dorsale per l’Est europeo», il «collegamento arterioso» del territorio che, se fosse stato bloccato avrebbe provocato «un infarto economico». Mentre fino ad allora per i contadini le «vene» della Terra erano le sue acque, ora viene chiamata «arteria» l’autostrada stessa, con un ribaltamento della visione.
Mangiare e rimangiarsi parole, decreti, permessi o persino i reperti archeologici incontrati è stata una metafora 16 frequentemente usata. «Assorbire» e «digerire» nel territorio la costruzione stradale è stata la metafora per illustrare l’impatto dell’opera sul territorio; dormire tranquilli grazie all’avvio delle cantierizzazioni è la metafora ricorrente per illustrare la sensazione di soddisfazione per la realizzazione dell’opera.
Il territorio, agli occhi del capitalismo cementificatore è chiaramente un «corpo « e come tale va assoggettato alla volontà di profitto 17. Le tecniche di assoggettamento del corpo non vanno imparate ex novo, poiché esiste una casistica e un campionario storico di tecnologie a cui il capitalismo può attingere. Esse furono sperimentate in special modo nella gestione coloniale: considerare il territorio come Terrae nullius, lo spazio altrui come Hic Sunt Leones, gli abitanti locali come arretrati o come portatori di NIMBY 18, organizzare il consenso e l’assoggettamento, presentarsi come portatori del progresso e dello sviluppo, sono procedimenti che il capitalismo sperimenta e raffina dai tempi del colonialismo.
La terra in particolare, come la donna, subisce un assoggettamento particolare: essa viene cosificata, geometrizzata, mercificata, monetarizzata, violentata 19. I movimenti ecofemministi ed ecosocialisti da sempre mostrano la stretta relazione tra il trattamento della donna e quello riservato alla terra 20.

La svalorizzazione di un ambiente

E infatti la prima manifestazione dell’assoggettamento del sistema umido si è verificata con la minimizzazione e svalorizzazione dell’ambiente interessato dal tracciato autostradale.
Una ad una le componenti del paesaggio sono state elencate nei documenti progettuali e nelle dichiarazioni politiche, e la loro presenza e/o importanza ecologica negata o minimizzata: l’ambiente in causa è «compromesso e marginale», la realtà storico-paesaggistica «superata», i relitti vegetali glaciali «insignificanti». Il paesaggio è «banale». Le toponomastiche locali indicano solo un «richiamo mnemonico-culturale». I palù sono un nome per uno sbiadito scenario impoverito. La vegetazione ha perso i suoi caratteri «originali». La «bontà» del progetto autostradale calato su una tale povertà ambientale può essere dimostrata con «risultanze algebriche»: «(…) il peso lordo complessivo negativo al momento della costruzione è di tredici volte inferiore alla positività ottenibile a lungo termine» 21.
La Valutazione di Incidenza Ambientale dei palù  dichiara  che «IL PROGETTO NON GENERA INCIDENZE SIGNIFICATIVE» (scrittura in maiuscolo nei testi originali). Il sindaco di uno dei paesi coinvolti dichiara che i palù non esistono. Roberto Mazza e Silvia Minozzi scrivono che gli abusi del territorio si compiono con gli stessi meccanismi degli abusi e dei maltrattamenti sul minore, che comprendono atteggiamenti di occultamento, minimizzazione dei danni prodotti, non riconoscimento  di diritti, risorse e valore del territorio/del minore, negazione delle responsabilità,  dei fatti e dell’impatto, mancanza di consapevolezza,  deformazione della realtà 22. Secondo questi studiosi del disagio psicologico derivante dal degrado ambientale, questi atteggiamenti
«(…) sono perfettamente riconoscibili anche negli amministratori responsabili di aver concesso, o direttamente pianificato, la cementificazione di aree del territorio vergini, di luoghi protetti» 23.
La minimizzazione,  il disconoscimento, la svalorizzazione preventiva si accoppiano al successivo processo di impossessamento del messaggio ambientalista stesso da parte dei soggetti svalorizzanti. Alcuni documenti progettuali definiscono la proposta stradale una forma di «neofilosofia, rinata autoecologia, diversa igiene delle condizioni di vita»; l’autostrada stessa avrebbe condotto le persone ad essere più ecologiste, più attente al messaggio ambientalista. Il mondo industriale e i suoi rappresentanti al Governo veneto che tanto si impegnarono per ottenere la costruzione dell’autostrada sulle risorgive e i palù, una volta ottenuta l’approvazione del progetto adottarono un linguaggio che «cannibalizzò» il messaggio del WWF: essi stessi si presentarono come paladini del territorio, dichiarando:
«Basta spremere il territorio trevigiano» 24. Che fosse invalsa, con la cementificazione diffusa, una forma concreta di cannibalismo del territorio, in Veneto e in Italia, lo aveva denunciato già da molto tempo il poeta veneto Andrea Zanzotto 25; in questo caso si può rilevare come questa modalità venisse incorporata ed espressa a livello di atti linguistici espliciti.

Processi di criminalizzazione

Alla dinamica della svalorizzazione/minimizzazione dell’ambiente attraversato si
è affiancato il meccanismo della criminalizzazione dell’oppositore. Il magistrato Livio Pipino, studiando i movimenti NO- TAV in Val di Susa 26, parla di «costruzione del nemico». Nel caso di studio qui preso in considerazione, fu il WWF il nemico, in quanto unico oppositore alla costruzione dell’opera autostradale. Le tappe furono un crescendo di costruzione dell’immagine del nemico. Nel 1999 e nel
2001 il WWF presenta ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato per scongiurare la costruzione dell’autostrada sui palù. Esso viene tacciato di essere «una associazione di privati» che difende privati interessi, e viene minacciato. Il WWF perde entrambi i ricorsi e per la prima volta nella storia di questa associazione è condannato al pagamento delle spese, dei diritti e degli on rari di lite, per un totale di 30 milioni di lire. Affermazioni provenienti da varie fonti accusano ripetutamente il WWF di essere in qualche modo corresponsabile dei morti sulle strade («altre» strade, che la costruenda autostrada avrebbe reso più sicure). Infine nell’ottobre 1998 la sede locale WWF di Villorba subirà atti di vandalismo e scassi, con una scritta sul muro, in riferimento all’A28: «L’A28 si farà, il WWF morirà». I responsabili rimarranno ignoti.

Contadini ed ecologisti: l’alleanza impossibile?

La criminalizzazione dell’ambientalismo ebbe come effetto, tra gli altri, l’impossibilità dell’alleanza tra contadini e ambientalisti. Il messaggio negativo sugli ambientalisti li isolò da possibili alleanze con i locali, in particolare con i contadini che direttamente avevano a che fare con i palù, ma a monte un’altra sostituzione era già avvenuta: quella che aveva eliminato dal corpo della terra i suoi contadini «amanti» e «innamorati»  della terra 27, sostituendoli con fedeli «servi» del capitalismo: gli imprenditori agricoli, sfruttatori della terra 28.
Sostituire i contadini con gli imprenditori agricoli corrisponde al processo descritto da Silvia Pèrez-Vitoria 29 nei suoi studi sulla nuova contadinità. Il processo di sostituzione era nelle intenzioni esplicitate dai dirigenti già da lunghi anni, come si può leggere in questa vecchia testimonianza:
«L’agricoltura convergerà con l’industria anche nei modelli di comportamento» 30. Una volta eliminati i contadini, ai nuovi
«possessori di terra» sarà facile far accettare la sostituzione della terra espropriata dall’autostrada con un indennizzo monetario. Verrà loro proposto di sostituire la lotta contro l’autostrada con la concertazione e l’accordo bonario, delegando i politici (gli stessi che sostenevano la costruzione autostradale) a trattare con la società costruttrice l’indennizzo monetario. I «possessori» di terra e acque dei palù non avevano più la mentalità «contadina» di affetto e interesse per la coltivazione della terra, essi stessi erano il risultato antropologico-sociale di una «sostituzione».

E quando toccò il loro turno, sostituirono la loro stessa terra con il denaro.
Insieme ai contadini, ognuno degli elementi vitali della natura (alberi, terra, animali, aria, acque) incontrati dal nastro autostradale ebbe la sua «sostituzione» con qualcosa di «meno vivo» o «non vivo». Si deduce dal progetto autostradale che si censiranno gli alberi più grandi che il nastro autostradale intersecherà, si preleveranno al momento della resa al suolo, si sposteranno con la gru, si radicheranno vicino. Gli uccelli avranno deterrenti nelle sagome di falchi applicate nei pannelli frangivento. I rospi e la piccola fauna avranno scatolari entro cui inscatolarsi, per andare a copulare di là della strada. Le acque avranno un «sistema cognitivo di controllo». L’aria sarà controllata da centraline. La terra ricca di humus dei palù, scavata per fare il sedime stradale, verrà reimpie
gata, non gettata. Nelle aree intercluse e/o rese residuali dalla realizzazione dell’opera si creeranno habitat floro-faunistici
«sostitutivi di quelli preesistenti» 31. Se estendiamo la nozione di razzismo usata in senso ampio da Annamaria Rivera (che comprende in questo concetto anche sessismo e specismo) anche alla natura e ai suoi singoli elementi quali alberi, acque,
prati, fossi di scolo, terra, campi, bordi delle strade ecc., non possiamo che notare un diffuso imperante «discorso» (foucaultianamente inteso) di controllo, inferiorizzazione e negazione dell’altro, l’altro-vegetale-acquatico-animale-paesaggistico-terrestre. È questa «(…) una modalità culturale dove l’ ”altro”, non solo l’altro sesso, ma qualsiasi “altro”, viene impostato gerarchicamente in un ruolo inferiore» 32. La possibilità di imporsi ne deriva di conseguenza: per «l’inferiore» non occorre prodigarsi in cure: «(…) diminuendolo ontologicamente si costruiscono i presupposti per non garantirgli tutto quello di cui ha diritto» 33.

Ciò che resta

Nel 2004 – ad autostrada approvata – i palù e le risorgive tra Livenza e Monticano saranno dichiarati territori SIC, Siti di Importanza Comunitaria 34.
Le risorgive godono di un rinnovato piccolo processo di attenzione. Ciò che di esse rimane di ecologicamente significativo, nella pianura padana italiana, è veramente poco e maltrattato. Ciononostante importanti esperimenti di «ricarica artificiale» delle risorgive sono stati avviati con risultati sorprendenti di «rinascita» della risorgenze 35. Esiste una legge regionale veneta di tutela delle risorgive 36 ed esempi di tutela di alcune aree sorgive in alcuni comuni (comunque non coinvolti in questo progetto autostradale, come per es. Possagno, Bressanvido, Codroipo).
La conclusione dell’esperienza sul campo, invece, ha implicato per me anche una riflessione sulla militanza e sull’impegno dell’antropologo sul campo. Ho attivato il dissenso e costruito il conflitto come agency in opposizione alla «nostalgia imperialista» 37 degli amministratori locali che con la retorica si proclamavano difensori del territorio ma nei fatti erano i primi pronti a decretare (dato il potere che gli era concesso amministrativamente) la distruzione dell’ambiente ecologico, come il caso dell’A28 Conegliano-Pordenone dimostra. È quel processo di «ambientalismo da tavolino», come ho volto definirlo.
Ispirandomi a quell’antropologia che «attacca e difende», come sostiene Herzfeld 38. L’impegno si apparenta a quella «ipervigilanza» costante necessaria a contrastare l’imbarbarimento cui siamo costantemente esposti ed esponenti, come esseri umani, quell’olocausto incombente e minacciosamente presente di cui parla anche Scheper-Huges: «È fondamentale che riconosciamo nella nostra specie (e in noi stessi) una capacità genocida e che esercitiamo un’ipervigilanza difensiva, un’ipersensibilità nei confronti di atti forse meno evidenti, ma autorizzati e quotidiani di violenza (…). Includerei tra questi atti tutte le forme di esclusione sociale, disumanizzazione, spersonalizzazione, pseudo-speciazione e reificazione che normalizzano il comportamento brutale e la violenza verso gli altri» 39.
Nel mio caso, si trattava di restare vigili e attenti e sensibili nei confronti di un complesso meccanismo di disumanizzazione di ambienti, terre e paesaggi che comprendono natura e umani, paesaggi importanti per le loro caratteristiche di vitalità, dove animali-vegetali-minerali-umani sono a pari diritto soggetti attivi dell’abitare la terra, cittadini di una assemblea comune 40.
Sostengo la posizione di Scheper-Hughes, estendendola anche alla vita delle acque e del pianeta Terra alla cui sofferenza mi sembra necessario volgere l’attenzione (poiché è dal suo supporto materiale che noi umani dipendiamo). Sostiene Scheper- Hughes che: «(…) il compito specifico dell’antropologia e dell’etnografia resta chiaro: schierare noi stessi e la nostra disciplina dalla parte dell’umanità, della salvezza e del miglioramento del mondo, anche se non siamo sempre del tutto sicuri di che cosa questo significhi, (…). In ultima analisi possiamo solo sperare che i nostri metodi di testimonianza empatica e impegnata (“essere con” ed “essere lì”) – per quanto vecchi e triti possano essere questi concetti – ci forniscano gli strumenti perché l’antropologia possa crescere e svilupparsi come una “piccola pratica” di liberazione umana» 41.
Per essere una «piccola pratica di liberazione umana» l’antropologia deve porre attenzione ai casi di «sostituzione», per esempio quando ad essere «sostituita» è la vitalità ecologica della terra.

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1  E. Bouglueux, N. Breda, 2017.
2  V. De Castro, 2017.
3  C. Fiamingo, L. Ciabarri, M. van Aken, 2014; F.
Lenzi Grillini, 2010; P. Macnaghten, J. Urry, 1998;
N. Breda, 2012 (b).
4 Questo stretto rapporto è dimostrato molto bene dal
caso delle migrazioni dal Sahel al Sud Europa causate in gran parte dalla perdita delle wetlands di quel territorio: zone umide che facevano da ammortizzatore di carestie e desertificazione e fingevano da catalizzatori di risorse e di socialità. Il lavoro sul campo da me condotto per molti anni in Italia, propone dati etnografici che risultano oggi comparabili a fenomeni internazionali di questo tipo, in un’arena globale dove le dinamiche ecologico-politiche appaiono similari, in un quadro di neoliberismo sempre più diffuso.
5  Cfr. N. Breda, 2001, 2009, 2010, 2011.
6  M. Foucault, 1992, p. 14.
7  M. Foucault, 1992, 2004.
8  M. Foucault, 1992, p. 135.
9  Ivi.
10 Ibidem, 1992, p. 136.
11 C. Todorov, 1984, pp. 175-176.
12 L’autostrada in questione si sviluppa per pochi km
tra Conegliano in Veneto e Pordenone in Friuli Venezia Giulia. Progettata negli anni 80, è stata oggetto di un lunghissimo conflitto (Breda, 2010), con varie Valutazioni di Impatto Ambientale, bocciature e riproposizioni fino alla sostanziale realizzazione dell’opera nel 2003. Si contrapposero tutti gli amministratori locali e regionali, ispirati alle ragioni leghiste e la popolazione locale a favore dell’opera, versus pochi ambientalisti e artisti, tra cui Andrea Zanzotto e Marco Paolini che sostennero la causa della salvaguardia dei palù.
13 M. Foucault, 2005, pp. 91-92.
14 Si può intravvedere una specifica letteratura dedicata a «raccontare» le grandi opere e ad analizzarne
le «narrative» (M. Melchiorre, 2011; L. Pepino, 2012; D. Dalla Porta, G. Piazza, 2008).

15 O. Marzocca, 2006, p. 25.
16 Secondo l’interpretazione di G. Lakoff, M. Johnson, 1998.
17 P. Bevilacqua, 2006, 2011.
18  NIMBY, acronimo inglese per Not In My BackYard, lett. «Non nel mio cortile». Cfr. F. Spina, 2006;
T. Mannarini e M. Roccato, 2012.
19  A. Loomba, 2000, pp. 153-154; A. Appaduray, 2001.
20 V. Lanternari, 2003.
21 Cfr. N. Breda, 2010, pp. 46-48.
22 R. Mazza e S. Minozzi, 2011, pp. 40-42.
23 Ibirem, p. 41.
24 «La Tribuna», 30 gennaio 2002.
25 A. Zanzotto, 2007; 2011.
26 L. Pepino, 2012.
27 Danowski e de Castro (2017, p. 198), interpretano le molteplici connotazioni del concetto di «Terreni» riprendendo Latour e i suoi Earthbound people, o Earthlings, o Terriens: «(…) il popolo che si destina alla Terra, che resta attaccato alla Terra, che è
ammaliato dalla Terra». In questo, la metafora da me usata (in N. Breda, 2010) è molto vicina all’interpretazione di questi autori.
28 Cfr. N. Breda, 2010.
29 S. Pèrez-Vitoria, 2007.
30 S. Meccoli, 1987.
31 Cfr. N. Breda, 2010,
32 A. Rivera, 2010, p. 34.
33 G. Paba, 2009.
34 Con il nome di Ambito fluviale del Livenza e corso inferiore del Monticano IT32400029.
35 G. Mezzalira, 2007.
36 Legge Regione Veneto n. 23 del 25 settembre 2009, Iniziative a tutela dei corsi d’acqua di risorgiva.
37 R. Rosaldo, 2001.
38 M. Herzfeld, 2001.
39 N. Scheper-Huges, 2005.
40 B. Latour, 2000.
41 N. Scheper-Hughes, cit. 2005.