tombenetollo Una societa’ aperta, una societa’ colta
Intervista con Tom Benettollo a cura di Maurizio Bassetti e Paolo Capezzone*

Sommarietto: L’ARCI si impegna per un’auto-organizzazione della società come contributo al bene comune e crede che Terra Futura possa diventare un evento esemplare per la diffusione di quelle pratiche di sviluppo equo e sostenibile di cui il mondo ha bisogno

D. Perché l’ARCI ha messo un così grande impegno in questa manifestazione?

R. Perché noi siamo molto legati alla finanza etica, e Banca Etica ha un ruolo primario nell’organizzazione di questa attività. Siamo stati tra le dodici associazioni che hanno dato vita a Banca Etica, impegnandoci a sostenere l’idea di auto-organizzazione della società civile, convinti che l’auto-organizzazione della società sia un grande contributo al bene comune. Per questo vorremmo che Terra Futura diventasse con il tempo un grande evento. Certo bisogna vedere come si muovono le soggettività e cosa chiedono i cittadini ad una manifestazione come questa. Ma questo è un passo iniziale importante.

D. Una delle cose che abbiamo visto è quella dei servizi nelle scuole, nel settore educativo…

R. La nostra prima idea è quella del valore della partecipazione, della democrazia, cioè la partecipazione dei cittadini alla gestione di problemi comuni. Vogliamo rafforzare la qualità della cittadinanza e infatti valorizziamo questo iter della cultura. Non a caso presentiamo un manifesto per la cultura che dice che la cultura è un diritto primario del cittadino. Questo significa che accanto ai punti tipici del Welfare cioè scuola, sanità, pensioni, ci deve essere anche la cultura come diritto di cittadinanza. Infatti, cultura e sapere sono un grado alto di cittadinanza. E una società aperta è sempre una società colta, anche quando è in stato di arretratezza. I servizi sono parte integrante di tutto questo, e noi saremo sempre un’associazione di promozione sociale. I servizi sono strumenti che servono per portare avanti le nostre finalità. Ad esempio abbiamo individuato nella priorità infanzia-adolescenza un tema che rappresenta presente e futuro. Siccome ci sono molti tagli alle spese sociali, agli Enti locali, è necessario remare insieme attorno ad un progetto. Però non facciamo supplenza e non aderiamo a bandi o concorsi che non ci convincono. Cerchiamo invece di aderire ad un progetto di cambiamento sociale.

D. Rispetto al vostro lavoro di potenziamento dei progetti, come avvertite la crisi economica dell’Italia? E pensate sia una crisi strutturale o congiunturale?

R. Non è una crisi semplicemente ciclica, c’è qualcosa di più sostanziale. I movimenti sociali e il Forum mondiale chiedono perché un mondo che ha così tante risorse economiche e finanziarie e una tecnologia mai vista non sia messo in condizione di risolvere i problemi strutturali. Con tutte le nostre tecnologie non siamo in grado di irrigare e dare acqua a tutti i paesi del mondo. E questo accade perché c’è un modello di sviluppo sbagliato che permette farmaci splendidi che salvano la vita a pochi e non permette banalissimi farmaci che la salverebbero a centinaia di milioni di persone. Queste domande rivelano il problema profondo di un modello di sviluppo. Il problema del ciclico sta sopra il  velo dell’acqua, ma in profondità ci sono queste correnti. Quindi le crisi economiche che vanno e vengono possono esser cicliche per noi, ma non per quel miliardo di persone che cerca lavoro in questo preciso momento. Stiamo parlando di mondi diversi e noi vogliamo metterli in comunicazione. Questa è la grande glogalizzazione, cioè globalizzare i diritti e le aspettative di qualità della vita. Ma nella nostra realtà è necessario un impegno di cooperazione e solidarietà internazionale. Faccio presente che Berlusconi aveva promesso l’1% del PIL e siamo allo 0,1%; ma le politiche di cooperazione internazionale sono praticamente inesistenti, per non parlare delle strategie di pace di cui tanto c’è bisogno. Per affrontare la crisi è necessario lavorare per una svolta profonda: o si crede nella politica dei diritti o no, e se ci crediamo dobbiamo metterla come priorità. Siccome siamo consapevoli dell’esigenza dell’aumento della domanda delle aspettative sociali, la domanda giusta è quella di Kennedy ai suoi concittadini: -non chiedetevi quello che l’America può fare per voi, ma pensate a ciò che voi potete fare per l’America-. Quello che dobbiamo chiederci è cosa possiamo fare noi per la nostra comunità, come scelta autonoma, non perché ce lo ordina qualcuno. Vogliamo dare un contributo, intrecciando le sensibilità di quegli Enti locali che si vogliono muovere in questa direzione. Perciò a volte dobbiamo aprire vertenze culturali o sociali, perché non ci convincono tante scelte fatte.

D. A Terra Futura espongono molte aziende che fanno un lavoro alternativo. Quanto può l’economia puntare su queste forme alternative in cui l’economia è vista in un’ottica di sostenibilità?

R. Si tratta di due economie ormai contrapposte. L’economia del massimo profitto non può andare d’accordo con l’economia solidale. Se per il massimo profitto è giusto pagare un lavoratore in Indocina un dollaro l’ora, secondo la visione dello Stato sociale il lavoratore lo devi pagare dieci volte tanto. E questo perché lo Stato sociale e l’istruzione costano. Molti italiani pensavano che con la privatizzazione le cose sarebbero andate meglio. Ma ora è necessario riprendere la rotta dello Stato sociale abolendo gli sprechi, formando il personale amministrativo ad un rapporto vero coi cittadini. E se è possibile riaffermare lo Stato sociale è possibile anche affermare una diversa economia, un’economia sociale che sappia competere sulla qualità, che non potrà più distruggere una foresta per guadagnare qualcosa.

Noi vogliamo che anche i disgraziati siano messi in condizione di scegliere se abbattere una foresta o salvaguardare la propria vita. Questa economia non è ora in grado di competere con le superpotenze economiche, ma può metterle in discussione. Ad esempio la finanza etica ora è una cosa possibile. E molte banche ultracommerciali hanno messo fondi etici. Questo significa che qualcosa è successo e che un mondo diverso è possibile.

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* Alla stesura dell’intervista ha collaborato Mary Malucchi