petrolio  Oltre l’eta’ del petrolio di Giuliano Della Pergola

Se il petrolio dovesse scarseggiare e poi finire…Sono in molti a credere che il periodo storico che abbiamo vissuto in questi decenni potrebbe innanzi tutto essere definito come quello in cui le risorse energetiche sono state disponibili a basso costo. Qualcuno sorriderà per quest’affermazione, pensando al crescente costo della benzina in tutti questi anni…Basso costo? Prezzi bassi? Ma se il petrolio al barile costava 10 dollari fino al 1973 e poi è andato crescendo fino a superare i 70 dollari, chi può seriamente parlare di benzina a basso costo? E’ vero, ma ecco un esempio che forse fa capire come stanno le cose. Una lattina di Coca Cola al bar costa un euro, mentre invece un litro di benzina raffinata costa dal benzinaio un euro e venti centesimi. In proporzione, cosa costa di più? Non c’è dubbio, la Coca Cola. Sono due prezzi di mercato che neppure sono confrontabili tra di loro. Infatti, per ottenere un litro di benzina raffinata nel serbatoio furono necessari costi per lo studio dei giacimenti di petrolio, costi per la sua estrazione, costi per il trasporto, per la raffinazione, per la distribuzione… Non così invece per la Coca Cola, che, pur misteriosa nella sua originaria composizione, è pur sempre quasi tutta acqua… La benzina in questi anni non è stata cara, se confrontata con altri beni di largo consumo. Però forse lo sarà sempre meno, forse per il futuro sarà sempre più inaccessibile.
Infatti, per quanto immensi siano i giacimenti di petrolio, essi hanno dei limiti. Dai e ridai, accadrà che un giorno inizieranno a svuotarsi e la benzina incomincerà a scarseggiare. Non per un conflitto tra paesi produttori, ma perché non ce ne sarà più. Diventando un bene economico più raro, il suo prezzo aumenterà, fino a diventare proibitivo. E poi basta. Naturalmente: a meno che nel frattempo non si siano inventate nuove fonti per le risorse energetiche (energia solare, quella dei tifoni, quella dei vulcani, quella del vento).
Dunque, dipenderà molto dal fabbisogno energetico generale e dalla quantità obiettiva conservata in natura delle risorse del petrolio. Chi ne produce di più? Chi ne consuma di più?
Una gerarchia della produzione e del consumo di petrolio non è facile da proporre, ma se utilizziamo le fonti Eni – Rcs “Corriere della Sera” (27 .4. 2006), questi sono i dati per grandi aggregati:

I primi dieci produttori mondiali
(in migliaia di barili al giorno)

Arabia Saudita 10.136.
Russia 9.227
Stati Uniti 7.675
Iran 4.167
Messico 3.825
Cina 3.492
Norvegia 3.158
Canada 3.086
Venezuela 2.964
Emirati Arabi 2.748

I primi dieci consumatori mondiali
(in migliaia di barili al giorno)

Stati Uniti 20.856
Cina 6.379
Giappone 5.429
Germania 2.669
Russia 2.604
India 2.461
Canada 2.278
Corea del sud 2.141
Brasile 2.141
Arabia Saudita 2.096

Un futuro con due nuovi attori strategici: Cina e India
Immaginiamo adesso che la Cina, secondo paese consumatore di petrolio, nel prossimo futuro possa passare, al baldanzoso passo del 10% in più ogni anno del proprio Prodotto Interno Lordo (PIL), a diventare uno paese competitore degli Stati Uniti per l’utilizzazione delle risorse petrolifere. E’ uno scenario assolutamente possibile, anzi verosimile. Immenso paese, la Cina porta con sé l’esigenza di un popolo di oltre un miliardo e mezzo di persone e quindi quel dato di 6.379 è destinato a diventare molto, molto più alto. Tuttavia la Cina produce oggi petrolio per solo la metà dei suoi bisogni energetici, ciò che vuol dire che dovrà rivolgersi per il futuro ai paesi produttori. Una diversa e più serrata competizione per l’accaparramento delle risorse petrolifere si svilupperà nei prossimi anni. I criteri politici generali per l’assegnazione delle quote di petrolio non saranno solamente “tecnici”. Con la Cina quale nuova variabile economica mondiale, l’intero comparto dell’estrazione del petrolio è destinata a modificarsi profondamente. Alcuni paesi produttori ed amici degli Stati Uniti non cederanno tanto facilmente il proprio petrolio alla Cina (tra gli altri l’Arabia Saudita, che è il massimo produttore al mondo), ma altri paesi come Iran e il Venezuela, nemici politici degli Stati Uniti, a quest’ultimi preferiranno le offerte orientali cinesi. La Cina assorbirà un’enorme quantità di petrolio. La sua richiesta di petrolio altererà l’intero mercato, sia per la domanda che per l’offerta. Il costo del petrolio salirà moltissimo (cosa che peraltro già sta facendo) e dunque più presto si giungerà ad esaurire le riserve petrolifere mondiali. Non è una prospettiva immediata, non riguarda i prossimi dieci anni, ma il periodo che finora abbiamo vissuto, quello dell’utilizzo delle risorse petrolifere a bassi prezzi, è destinato a finire. D’ora in poi, fino alla fine delle risorse, il prezzo del petrolio sarà solo crescente.
Insieme alla Cina, anche un altro immenso e popoloso paese si sta affacciando sulla scena dello sviluppo economico: quell’India che proprio nel 2005 ha superato il miliardo di abitanti. L’India non ha risorse petrolifere e dipende per il suo sviluppo solo dall’importazione dai paesi arabi.
Oggi l’India, come dicono le tabelle qui riportate, consuma 2.461 barili al giorno, ma il suo prossimo balzo economico attesterà il suo fabbisogno su un livello molto più significativo. Sommando il caso cinese con quello indiano, il fabbisogno complessivo di petrolio potrebbe raddoppiare nel giro di poco, ed è qui il nodo della questione. Le economie occidentali che finora hanno fatto la parte del leone quanto a consumo complessivo, d’ora in poi dovranno cambiare la propria strategia.
Inoltre, grandissimo tema di politica internazionale potrebbe essere quello inedito ed entusiasmante di due stati, l’Iran e il Venezuela, che collocandosi come privilegiati fornitori del fabbisogno di petrolio per la Cina e l’India, in qualche modo legheranno le proprie politiche in un nuovo quadro di politica internazionale. Quello scenario “paesi arabi – occidente” che finora ha campeggiato come asse principale delle questioni energetiche del mondo, sarà d’ora in poi accoppiato ad un nuovo asse che dalla sua parte ci suscita ammirazione e interesse, quello di grandi paesi fin qui confinati al limite delle relazioni tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, che stanno trovando una loro strada verso il superamento della fame, della povertà endemica, delle malattie e della marginalità. Quelli che guardano il mondo senza paraocchi ideologici dovranno gioire di questo nuovo assetto. In tale equilibrio l’Occidente perde gran parte della propria supremazia economica, ed anche questo è un bene, in quanto sostituisce quella superiorità boriosa e altezzosa degli americani e degli europei nei confronti del resto del mondo, con uno sguardo più internazionalistico e policentrico.

Alternative energetiche
Sebbene resti la principale, il petrolio tuttavia non è l’unica risorsa energetica disponibile al mondo. Nel 2005 il consumo mondiale energetico ha conosciuto questa suddivisione: il 37% l’ha riempito il petrolio, il 24% i gas, il 17,6% il carbone, il 13,6% il nucleare e infine il 7% l’utilizzo idroelettrico e altre fonti rinnovabili. Sulle fonti alternative rinnovabili un grande progetto multinazionale è in corso e buona parte dei movimenti ecologici, naturalistici, verdi, ambientalisti e anti nucleari, oltre che i movimenti no-global, sostengono questa visione, per ora minoritaria ed economicamente più debole. Ma quello che oggi è ancora solamente un segnale debole, un domani potrebbe rivelarsi più decisivo. Dipenderà dalla ricerca, dalle forme di sviluppo locali, dai rischi ambientali e dalla qualità collettiva degli attori che porteranno avanti questa battaglia.
In quale nuova fase storica potrebbe il mondo entrare, se le risorse energetiche venissero a mancare prima che le nuove ricerche non riescano ad assicurare altre fonti sostitutive? La risposta a questa domanda apre scenari politici assolutamente sconosciuti.
Oggi, tutti si stanno muovendo verso un unico orizzonte comune, quello di sostituire l‘egemonia occidentale, attraverso la differenziazione delle fonti energetiche, con una maggiore autonomia e capacità dei singoli paesi. E questo, per il futuro e contro la fame nel mondo, potrebbe essere un disegno politico pieno di sorprendenti novità.